lunedì 9 febbraio 2015

Fausto Antonini


Sono particolarmente legato a Fausto Antonini e non solo perché era una persona molto bella, profondamente empatico con l'altro, grande conoscitore dell'animo umano, intellettualmente onestissimo, esempio magnifico di coerenza tra vita e pensiero. Sono particolarmente legato a Fausto Antonini perché, grazie alla sua presenza su questa terra, quando avevo vent'anni, mi ha aiutato a fare una scelta di vita molto difficile e sofferta, quella di cambiare facoltà universitaria e passare da Ingegneria, per cui avevo già superato alcuni esami, a Filosofia.

Sono due strade di studio che aprono prospettive umane, sociali e professionali completamente differenti. Non c'è bisogno di spiegarne il motivo. Fin da piccolo ero stato educato in famiglia con l'aspettativa che diventassi ingegnere e, in verità, ero anche portato: bravo in matematica al liceo scientifico e grande passione per l'elettronica, che negli anni '70 stava rivelando le sue enormi potenzialità con l'invenzione dei transistors e dei circuiti integrati.

Sta di fatto che quando cominciai ad inoltrarmi seriamente in quel corso di studi, mi accorsi di avere interrogativi esistenziali così pressanti che agognavo in tutti i modi di affrontarli. Le lunghe ore di studio sui libri di fisica, chimica, analisi matematica, non facevano altro che acuire questa urgenza e farmi considerare la prospettiva futura di diventare un anonimo tecnico all'interno di un gigantesco meccanismo industriale come uno spettro orribile.

Ricordo che alternavo lo studio universitario con la lettura di libri di filosofia indiana, teologia cristiana e psicoanalisi. Ero anche un entusiasta ascoltatore di un programma che andava in onda su una tv locale in cui questo professore di antropologia filosofica, Fausto Antonini, parlava al telefono con gli ascoltatori con una schiettezza e profondità veramente suggestiva. Il mio ero un ascolto attento, analitico, registravo tutte le puntate e me le riascoltavo più volte finché non le avevo assorbite bene. Probabilmente ancora conservo da qualche parte le scatole piene di quelle cassette.

Al culmine della crisi, durante il secondo anno di Ingegneria, cominciai a marinare le lezioni e a rifugiarmi in Via Magenta 5, Roma, dov'era l'aula in cui Fausto Antonini teneva le sue lezioni ad una platea nella quale solo una piccola parte erano studenti. La maggioranza era gente normale, che ritagliava spazi sottratti al lavoro o alle cure familiari per abbeverarsi alla sua saggezza sagace, ironica e sempre molto coinvolgente.

Per farla breve, in capo a qualche mese, arrivai finalmente alla decisione di cambiare il mio destino, accettando anche la possibilità un giorno di andare a finire sotto i ponti, come accoratamente mi avvertiva mio padre.

Filosofo sui generis, emarginato dalla cultura ufficiale di allora, mopolizzata dai marxisti da una parte e dai cattolici dall'altra, Fausto Antonini, che aborriva qualsiasi genere di morale dogmatica, aveva coniugato da sempre la psicologia e la psicoanalisi con la filosofia. Egli sentiva che presto quelle due morali si sarebbero alleate, per creare quel grande super-io catto-comunista che ci avrebbe stritolati nelle maglie della repressione della vita.

I suoi grandi cavalli di battaglia teorici erano "il potere" e le sue mille sfaccettature, la repressione sessuale, il capro espiatorio, la ricerca della felicità, che lui sapeva inserire e descrivere con quella sua vitalità ed ironia, in qualsiasi dialettica intraprendeva, da quella cattedratica o quella nata dalla conversazione estemporanea con un ascoltatore al telefono.  C'è un suo vecchio allievo, Sergio Rizzitiello, che nel suo blog ha dedicato un omaggio a Fausto Antonini, riassumendone sinteticamente il pensiero e la bibliografia.  Non ho trovato altri riferimenti a lui su Internet. Per paura che questo unico contributo scompaia, lo inserisco anche qui in fondo al post.

Io sentii per la prima volta la voce di Fausto Antonini, che ero ancora un bambino, alla fine degli anni Sessanta, nel programma di Radio Rai "Chiamate Roma 3131", ascoltato in casa di mattina da mia madre; poi lo riscoprii durante le sue dirette su TVR Voxon, la tv locale romana di quando ero adolescente, di cui parlavo sopra, alla fine andai a trovarlo all'Università. Quando ero ormai inserito nel corso di studi filosofici, sostenni il suo esame, Antropologia Filosofica. Più che un esame fu una chiacchierata tra amici. Quando vide il mio grosso pacco di fogli con gli appunti di tutte le lezioni dell'anno, si stupì e scherzò dicendo che, chissà, forse un giorno, dopo che sarebbe morto,  qualcuno avrebbe scoperto il suo pensiero e fatto diventare famoso.

Nel 1987 quando ormai lavoravo in Rai da qualche anno, mi fu chiesto di realizzare il programma "Lo Specchio del Cielo": appuntamento settimanale della domenica sera con una sorta di autoritratto segreto di un personaggio importante del mondo della cultura. Per me fu l'occasione di andare a trovare alcuni miei cari e illustri professori universitari, con lo spirito di voler recuperare il vecchio rapporto interrotto, rinnovandolo su un piano di ruoli più paritetici. Non ero più lo studente, ma il professionista.

Mi sentivo cresciuto e mi piaceva confrontarmi con quei vecchi mentori che mi avevano tanto aiutato nel mio percorso di ricerca. Antonini fu uno dei primi che intervistai, poi ricordo fra gli altri Ida Magli, la mia relatrice di laurea, Mario Bussagli, grande guida sulla via della seta, alla scoperta dell'arte asiatica; Elemire Zolla, vero iniziato alla conoscenza esoterica e sapienziale, Fernanda Pivano, un mito che per chi come me amava la letteratura della Beat Generation; Namkhai Norbu; che allora era solo un lama tibetano, lettore all'Orientale di Napoli, ma sarebbe poi diventato il famoso fondatore di monasteri, come quello di Merigar, ad Arcidosso, sul Monte Amiata.

Ho già parlato del sito web della Rai che sta pubblicando i materiali radiofonici di quegli anni. C'è anche "Lo specchio del Cielo". Però non capisco la scelta redazionale, da parte di chi gestisce il sito. Hanno tagliato via almeno metà dell'intervista e poi l'hanno associata ad un altra che non ha nessun legame con la prima. Sicché in un unico file di un'ora troviamo due interviste una dopo l'altra, realizzate da due programmisti differenti a due personaggi differenti. Veramente un non-sense per un podcast downloadabile! Visto che non ci sarebbero problemi di spazio o di tempo, perché non offrire il programma integrale, univoco e consultabile con un criterio più intelligente? Sono i misteri dalla grande azienda pachidermica.

http://sergiorizzitiello.spazioblog.it/103900/Omaggio+a+Fausto+Antonini.html
di Sergio Rizzitiello

Questo mio contributo su Fausto Antonini è  il doveroso omaggio a un maestro dalla rara genialità, umanità, io, suo allievo, gli rendo con questa modesta voce quello che lui ha dato in tanti anni di attività scientifica

Fausto Antonini(Roma, 23 gennaio 1932 - Roma, 21 maggio 1996) è stato professore associato di Antropologia filosofica presso l'Università  di Roma "La Sapienza", Istituto di Filosofia e Storia della Filosofia poi III Univesità.

Negli anni "70 fu consulente psicologico della nota trasmissione radiofonica" Chiamate Roma 3131", suscitando notevole entusiasmo negli ascoltatori per le sue indubbie doti di comunicatore tali da rendere appetibile anche temi che fino ad allora erano stati trattati solo da addetti ai lavori per addetti ai lavori.

Pur essendo essenzialmente un filosofo, la sua attività  scientifica si è subito indirizzata verso la psicoanalisi contribuendo a farla conoscere presso un largo pubblico. Notevole fu il suo contributo alla diffusione di temi psicoanalitici presso i giovani scrivendo su una rivista musicale specializzata "Ciao 2001" curandone una "posta ai lettori" di notevole spessore umano.

In più occasioni ha tentato di diffondere le tematiche psicoanalitiche, di cui era autorevole esponente, in trasmissioni televisive, per lo più  locali, anche se il suo tentativo, pur notevole, è stato limitato appunto solo a livello locale, e anche perché  il  tentativo è  stato troppo in anticipo scontrandosi con una concezione sclerotica della cultura.

Tutti gli studenti e gli amici che hanno avuto la fortuna di ascoltarlo nelle sue lezioni universitarie, possono testimoniare la grande cultura, il modo affascinante e divertente, fino alla lacrime, che Fausto Antonini sapeva trasmettere nell'esposizione dei temi trattati che non erano mai freddamente accademici, ma vertevano su problemi di grande e profonda esistenzialità.

I suoi libri sono sicuramente da rivalutare e da leggere, anche se in essi manca quell'elemento di calda emozionalità  che lo contraddistingueva nelle sue lezioni. Purtroppo i suoi libri sono attualmente fuori catalogo e sarebbe auspicabile una loro riedizione.

Le sue opere maggiori: Psicanalisi e filosofia, Ed. Tempora, Roma 1964, forse uno dei pochi contributi di grande e ancora attuale rilevanza teorica del rapporto tra filosofia e psicoanalisi; Antropologia e filosofia, Samonà  Savelli, Roma 1966, una raccolta di saggi con la prefazione del filosofo Paolo Filiasi Carcano; Psicologia e filosofia tra guerra e pace, Bulzoni, Roma 1969, essenzialmente una risposta critica a Franco Fornari e al suo libro"Psicoanalisi della guerra atomica" e al filosofo Emilio Oggioni, ma anche saggi di psicoanalisi e pedagogia; Psiche, Bulzoni, Roma 1969, un originalissimo ripercorrere la storia della filosofia utilizzando lo strumento psicoanalitico; L'uomo furioso, con prefazione del celebre polemologo Gaston Bouthoul, edito prima in Francia e poi in Italia da Sansoni, Firenze, 1974; Anatomia dell'amare, Fabbri, Milano 1985, una sorta di vademecum, dove si invita a superare paure irrazionali e abitudini passivizzanti per liberare i desideri, l'esposizione è  rigorosa da un punto di vista scientifico, ma è  resa godibile dalle domande e le risposte. Infine di grande rilevanza due saggi inseriti in due opere di illustri pensatori, una a Otto Weinger "Sesso e carattere" edizioni Mediterranee, l'altra a Julius Evola "Metafisica del sesso" edizioni Mediterranee. Questi due saggi sono l'ultimo contributo di Fasto Autonini e andrebbero letti per la profondità  espressa.

Ciò che rende profondo il suo pensiero è il tentativo di utilizzare filosoficamente lo strumento psicoanalitico sempre però non confondendo mai la psicologia individuale da quella collettiva, anzi sempre ribadeno il concetto che tra le due non vi è solo una semplicistica differenza di quantità, bensì di qualità.

Insomma la psicologia collettiva non è la somma delle psicologie individuali, ma un organismo che risponde a precise leggi. Perciò nelle sue analisi non vi è mai una sorta di psicologismo riduttivo, semmai un andare per estensione, dove lo strumento psicoanalitico ha lo scopo di enucleare le dinamiche emotive e tentare di comprenderle

Il fine della comprensione non è però per Fausto Antonini un mero esercizio dialettico, mera erudizione fine a se stessa, ma un processo di mutamento interiore dove la realtà esterna compresa si unisce con la realtà interna che comprende.

Altro concetto fondamentale di Antonini è quello di società malata. Postulare lo stesso concetto di società malata per qualcuno è già di per se stesso impossibile, l'individuo può essere malato, non il suo ambiente. Questo perché il criterio di normalità si basa solo sull'adattamento purché sia.
Se l'adattamento è l'unico discrimine nel valutare la malattia individuale è chiaro che il concetto di malattia sociale diviene di conseguenza assurdo.

L'uomo, secondo la celebre definizione di Aristotele, è un uomo sociale, zòon politikòn, perciò di conseguenza quando l'adattamento non si realizza è perché l'individuo ha dei problemi, in ultima sostanza è malato. Stabilire una relazione tra individuo malato che crea ed è creato da un ambiente malato, risulta molto più difficile perché si ha bisogno di credere la malattia creata dal nulla, all'interno di personali processi psichici, quasi che al momento della nascita, già nell'ambito familiare, non fosse quella una cellula sociale. Il fatto che parcellizzare l'analisi seve ad oscurare la comprensione. Gli elementi devono essere divisi, messi uno separato dall'altro, uno contro l'altro, senza nessuna relazione di significato tra loro: solo così si può sopportare l'idea dell'anomalia, della malattia, del male.

Del resto fa da contraltare la stessa o contraria concezione, vale a dire assolvere la malattia individuale per una generica colpa collettiva, sociale. La relazione tra i due termini deve restare scissa, separata, distante.

Fausto Antonini al contrario ha sempre sostenuto che si deve stabilire una stretta relazione tra individuo malato in una società malata e che si può veramente comprendere la nevrosi individuale solo nella misura in cui si stabilisce una connessione tra essa e la nevrosi sociale.

Altro contributo culturale di notevole importanza di Antonini è stato come ha concepito l'azione dell'intellettuale. Almeno in Italia l'intellettuale ha avuto per lo più un compito di giustificatore del potere. Asservito alle due grandi chiese, vale a dire quella Cattolica e quella Comunista, l'intellettuale si è reso laudatore e organico solo ad esse. Conseguenza perniciosa è stata quella del distacco dalle profonde esigenze della gente mancando nel modo più clamoroso di assolvere un compito intellettuale che potremmo chiamare illuministico.

Al contrario l'intellettuale italiano è stato, e ancora è, malato di aristocratico disprezzo verso la gente che ideologicamente considera solo un organismo da imbonire, da mantenere nell'ignoranza non facendosi comprendere. Allora il linguaggio si fa ermetico, gli atteggiamenti altezzosi, il fare, nel migliore dei casi, paternalistico, se non proprio ostile.

Si dissacra allora chi dell'azione intellettuale ha diversa e radicale differente concezione, si irride la sua cultura, i suoi metodi, il suo più aperto, libero e democratico rapporto con la gente. Se per far arrivare in modo diretto la conoscenza ci si serve di potenti mezzi di comunicazione come la televisione, Internet, allora si dice che è un errore servirsene, che si indugia in dilettantismo, si degrada così la conoscenza, addirittura i più intransigenti arrivano a dire che gli strumenti stessi sono sbagliati:  la televisione, Internet, sono corrotti, già negativi in se stessi.

Perciò la conoscenza deve restare chiusa in un eremo, pura, quasi in una concezione sacrale dove l'intellettuale deve rivestire un ruolo sacerdotale. Questo ruolo sacrale, sacerdotale, di chiusura, però è solo a senso unico, verso la gente, perché verso il potere al contrario si è molto aperti. Non a caso la definizione e la strategia dettata da Antonio Gramsci più che storica e riferirsi ad una precisa situazione ideologica è paradigmatica: l'intellettuale deve essere organico al potere e contribuire con la sua azione solo al mantenimento del potere stesso.

Con azione illuministica, Fausto Antonini al contrario ha sempre caratterizzato la sua funzione di intellettuale come suscitatore della conoscenza, trasmettitore di conoscenza, utilizzando tutte le forme possibili di comunicazione per arrivare, o tentare di arrivare, al più grande pubblico.

Come ho già inizialmente detto, prima attraverso i microfoni della celebre "chiamate Roma 3131" negli anni '70, come consulente psicologo della trasmissione radiofonica condotta dal geniale Moccagatta, poi parallelamente scrivendo su un giornale musicale underground molto seguito dai giovani, "Ciao 2001", e negli anni a venire conducendo di prima persona programmi su canali privati locali laziali nella forma della telefonata con domande e risposte pertinenti sempre problemi psicologici.

Negli ultimi anni ebbe molto a soffrire della limitatezza comunicativa che l'establishment italiano arrivava ad offrirgli, anzi a non offrirgli, tanto che io ho sempre visto nella sua prematura morte un segno della sua sofferenza di non riuscire ad imporre nel modo dovuto ai massmedia italiani, allora sotto il ferreo controllo della partitocrazia, a livello politico, e delle due grandi chiese culturali del cattolicesimo, del comunismo e del nascente, e in seguito sempre più influente, cattocomunismo, di imporre, dicevo, il suo forte senso etico della conoscenza che solo attraverso la più larga diffusione, sempre scientifica e chiara, può creare la condizione necessaria, anche se non sempre sufficiente, di mettere in crisi il sistema retto dalla nevrosi individuale e collettiva che vuol impedire, in sostanza, una vita autentica riempita dall'amore, dalla bellezza, dalla libertà, dalla verità, e pur nella coraggiosa consapevolezza del proprio limite, della morte inevitabile, aprirsi ad un universo di erotici significati simbolici.



2 commenti:

  1. Caro Leopoldo, la ringrazio per la preziosissima intervista.
    Ho aperto su FB un gruppo "Gli amici del professor Fausto Antonini, conversazioni e ricordi" se vuole gradirei molto la sua iscrizione.

    RispondiElimina
  2. Proprio oggi 8 marzo 2017 ho scoperto fausto antonini precursore di una fantastica esperienza contemporanea qual'è la "scommessa" cattocomunista. M.C

    RispondiElimina