martedì 17 febbraio 2015

"I Sotterranei" di Jack Kerouac - L'adattamento radiofonico


Non esiste un metodo o una tecnica particolare per scrivere l’adattamento radiofonico di un romanzo o di un racconto. Non perché sia sempre così semplice, ma piuttosto per l'ampio spazio creativo che viene lasciato all'operatore.

Italo Calvino con la radio ha avuto una nutrita e fruttuosa collaborazione per anni. Ricordo ad esempio la sua celeberrima quanto esilarante "intervista impossibile" del 1974 con l'uomo di Neanderthal, interpretato da un grande Paolo Bonacelli che rispondeva alle domande dell'intervistatore Vittorio Sermonti. Per inciso, diciamo che le interviste impossibili rappresentano forse l'idea più geniale e proficua che sia mai stata realizzata nella storia della radio, capace di mettere in evidenza le qualità drammaturgiche del tutto peculiari dello strumento radiofonico.

Ebbene, nell'adattamento radiofonico si dà vita e forma ad un processo che Italo Calvino definiva come una sorta di  “cinema mentale che é sempre in funzione in tutti noi e non cessa mai di proiettare immagini alla nostra vista interiore". In effetti:
"durante la lettura di un libro, inevitabilmente ci creiamo l’immagine visiva della storia partendo dalle parole del testo che stiamo leggendo; tendiamo, cioè, a sceneggiare, a visualizzare, a collocare in determinati scenari gli eventi narrati, secondo il più o meno ampio repertorio di stereotipi che abbiamo a disposizione e con il quale colmiamo sottintesi, silenzi ed eventuali lacune del testo narrativo" (link)
Da un punto di vista registico, il primo termine di riferimento da prendere in considerazione nell'adattamento radiofonico è naturalmente il tempo che si ha a disposizione per mettere in scena il racconto, perché, qualora la durata del programma non rappresentasse un problema, allora si opterebbe per la sua lettura integrale, eventualmente dando risalto al valore dell'interpretazione ed al commento musicale e sonoro che potrebbe accompagnarla.
Ma quando il tempo è parcellizzato, come normalmente accade, nella misura in cui deve adattarsi alle esigenze strutturali di un palinsesto ben preciso, ecco che intervengono altre scelte, la prima delle quali consiste nei tagli al testo da praticare.

Nell'esperimento radiofonico "Labirinti", inserito in quella radio tutta virtuale che a suo tempo il sottoscritto, insieme ai miei amici e colleghi Mauro De Cillis e Maria Giuditta Santori, nel 1990 chiamammo "Radio Senza Frequenza", di cui ho già parlato in questa sede, volli cimentarmi in una sfida quasi impossibile: adattare radiofonicamente un intero romanzo in soli dieci minuti, senza però arrivare ad una riduzione esasperata secondo il modello dello spot o del trailer promozionale. L'intento piuttosto era quello di godere pienamente del piacere di conoscere e di ascoltare un racconto in un tempo effettivamente molto breve.

La scelta cadde su un famoso romanzo che aveva tutte le caratteristiche stilistiche per usufruire delle infinite potenzialità creative del mezzo radiofonico: I Sotteranei di Jack Kerouac, pubblicato nel 1958 a New York.

Personalmente scoprii la letteratura della Beat Generation abbastanza tardi, durante i primi anni Ottanta, ma ero ancora ventenne, e la scoprii attraverso il Buddhismo, che in quegli anni praticavo con Corrado Pensa. Il primo autore quindi che attrasse la mia attenzione fu Gary Snyder, con la sua Anarchia buddhista, pubblicato in Italia in una delle ancora rare antologie dedicate al fenomeno Beat, L'Altra America degli anni Sessanta, curata nel 1971 dall'indimenticabile Fernanda Pivano, che poi conobbi personalmente nel 1988 in occasione di una delle interviste che stavo facendo per il programma di RadioDue Lo Specchio del Cielo.


Ritornando a Kerouac, in questo capolavoro indiscusso, la sua scrittura segue un andamento che si rifà direttamente alla musica jazz e be-bop in voga nell'America degli anni Cinquanta. Si trattava di una "prosa spontanea" sganciata dalla ragione, come sosteneva Kerouac stesso, alla stregua della scrittura automatica dei surrealisti ma aiutata anche dagli effetti stupefacenti di qualche sostanza. L'autore paragonava la sua prosa al jazz e al be-bop nel senso che un sax tenore, per esempio,
"prende il respiro e soffia un fraseggio dentro al suo sassofono, finché resta senza fiato e a quel punto la sua frase è completata"
Frase riportata da lui stesso nel lavoro Essential of Spontaneous Prose.

Era chiaro che nel lavoro di adattamento radiofonico in questione, dovevamo trattare il fraseggio letterario come quello musicale, aspetto quantomai suggestivo e particolarmente adeguato alla radio. A livello di scrittura dovevamo individuare i pochi ed essenziali snodi principali in cui si svolgeva il racconto in modo da renderlo intellegibile e poi farli interpretare opportunamente a livello della recitazione, che sarebbe stata poi accompagnata dai confacenti pezzi musicali dei vari Glenn Miller, Benny Goodman, Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Thelonious Monk, che avremmo scelto.

La voce calda e particolarmente plastica di Mauro De Cillis riuscì nell'intento e fu una gioia arrivare al missaggio finale come se stessimo veramente lavorando soltanto con della musica. Non abbiamo mai saputo se il risultato fu, se non all'altezza del capolavoro originario, quanto meno dignitoso, però ci piacque molto e certamente c'eravamo assai divertiti nel realizzarlo.

La vicenda di Kerouac, autobiografica, racconta un rapporto d'amore che lo scrittore Leo Percepied ebbe con la bellissima afro-americana Mardoux Fox; una storia non finita particolarmente bene, ma che ebbe la ventura di svolgersi in compagnia di quei mitici amici, i cui nomi erano stati cambiati, ma le cui identità conosciamo bene: Allen Ginsberg, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, William Burroughs.

Per chi volesse approfondire i vari aspetti della storia di questo romanzo consiglio l'ottima voce "I Sotteranei" su Wikipedia.

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