mercoledì 21 gennaio 2015

Enrico Giardino e il Diritto a Comunicare


Ho conosciuto Enrico Giardino in Rai, nei primi anni Novanta. La sua intelligenza critica, la conoscenza approfondita del sistema globale della Comunicazione, a tutti i livelli, guidate da una rara sensibilità politica tesa alla libertà e la giustizia sociale, mi hanno subito conquistato. Nell'arco di pochi hanno di reciproca collaborazione, era diventato il mio maestro di politica, sebbene la sua impostazione provenisse dagli studi di ingegneria e dalla attività di sindacalista con larghe competenze nel marxismo scientifico, che non ho mai amato, vista la mia formazione filosofico-spiritualista-sciamanica. Grazie comunque ad un retroterra comune, basato sul grande rispetto della laicità che dovrebbe imperniare ogni discorso politico, il nostro rapporto è stato sempre scevro da incomprensioni.

La sua teoria del Sistema Integrato della Comunicazione, costruito sull'assetto costituzionale dello Stato e su quel concetto del Diritto a Comunicare, sancito dall'Unesco nel 1984 e disatteso per ora da tutte le democrazie del mondo (lasciamo stare i regimi totalitari, dove anche la Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo non viene accettato nemmeno sul piano formale) ci ha consentito di avere, se non altro, la capacità di leggere la realtà sociale, politica e mediatica in maniera scientificamente fondata e predirne puntualmente l'evoluzione già in epoca pre-globalizzatrice.

Fin dagli anni '90 Enrico e il sottoscritto ci siamo impegnati nel divulgare alla popolazione attraverso documentari audio e video la ferale notizia della brutta piega che avevano preso le cose. La deriva velocissima verso la dittatura, rispecchiabile perfettamente per esempio nell'andamento della gestione dei messaggi comunicativi  durante la propaganda di guerra del Kossovo.  Si era nel pieno della rivoluzione digitale e della ricerca di fonti ulteriori di promozione pubblicitaria tra le compagnie telefoniche che si erano scatenate ad accaparrarsi il maggior numero di fette di mercato.

Non sto qui ora a descrivere i parametri del Sistema Integrato della Comunicazione che Enrico Giardino ha concepito e che sono disponibii a tutti sul sito del Forum Interassociativo Dac. Essi sono in grado non solo di fotografare oggettivamente una situazione locale e globale con tutti i soggetti e i mezzi coinvolti nella comunicazione, attiva e passiva, tecnologica come interpersonale, ma anche di definire e proporre una riforma istituzionale che consideri la Comunicazione come potere formalizzato, all'interno del sistema dei tre poteri dello Stato, Esecutivo, Legislativo e Giudiziario.
Uno stato democratico costituzionale non può prescindere da regole e controlli del sistema della Comunicazione, in modo che si armonizzi con le risorse disponibili, in funzione della difesa del cittadino e degli spazi comunitari. 

Chi si occupa di documentari non può prescindere dall'aspetto politico che caratterizza l'ambiente culturale in cui si muove questo genere del tutto peculiare di informazione. Prima di tutto sul piano economico - produttivo, visto che non esistono strutture di distribuzione e televisioni che comprano i documentari, specialmente d'autore, e poi sul piano più politico, culturale e artistico. Ho sempre cercato di affiancare il mio lavoro personale ad un entusiasta e generosa attività di volontariato per aiutare le battaglie di Enrico, ma in effetti, queste lotte, come gli piaceva chiamarle, non hanno raccolto naturalmente alcun accoglienza presso i poteri piduistici che si andavano formando e consolidando in quegli anni e in tutti gli anni 2000.

Pochi mesi prima della prematura e improvvisa scomparsa di Enrico, avvenuta nell'ottobre del 2013, riuscimmo ad incontrarci a casa sua a Roma. Io avevo lasciato da anni la grande città e non ci era più facile frequentarci, ma l'amicizia e l'affetto ci ha sempre uniti, almeno attraverso il telefono. Facemmo così questa intervista retrospettiva sulle attività di una vita, quella che Enrico aveva passato in Rai, attraversando un po' tutte le fasi di trasformazione che l'Italia ha subito dagli anni '70 fino ad oggi.

L'intervista integrale sarà presto disponibile, anche in veste editoriale per i tipi della Contanima di Maurizio Andreanò. Qui ne presento un breve trailer, pubblicato sul mio canale YouTube.

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