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sabato 2 maggio 2015

Fernanda Pivano - intervista


Parlare di Fernanda Pivano da parte mia risulta abbastanza superfluo per quanta fama e conoscenza pubblica si ha dell'illustre ed appassionata traduttrice e studiosa di letteratura americana.

Forse più interessante è rievocare brevemente l'incontro che ebbi con lei in occasione di questa intervista che condussi all'inizio del 1987, quando ero impegnato alla realizzazione del programma di Rai RadioDue "Lo specchio del cielo", consistente in una serie di interviste a personaggi emblematici della cultura italiana, da me scelti per l'importanza che ebbero per la mia formazione culturale.

Ne ho già accennato a proposito degli altri intervistati raccolti in questo blog sotto il tag "Lo specchio del cielo".

All'epoca Fernanda Pivano per me rappresentava una sorta di mito vivente, essendo il suo nome associato ai migliori esemplari della letteratura della Beat Generation, di cui ero un entusiasta lettore. Appartengo alla generazione che non visse direttamente la stagione sessantottina, ma ne raccolse i sorridenti cascami durante i tardi anni Settanta del Novecento, quando si stavano già presentando le prime nuvole oscure del terrorismo nostrano, che avrebbero poi costituito, all'insaputa di tutti, gli esperimenti italioti di quel che sarebbe diventato il terrorismo internazionale dei primi anni del Duemila.

venerdì 27 febbraio 2015

Puer Aeternus



Un altro programma di quell'esperimento radiofonico del 1990 che avevamo chiamato "Labirinti", trasmesso dalla sedicente "Radio Senza Frequenza" fu "Puer Aeternus". Anche questo programma è qualcosa di poco classificabile nel panorama tradizionale dei prodotti mediatici.

Rimando ai post precedenti (I sotterranei e Quadri sonori) per la descrizione del contesto in cui è inserito. Diciamo che il programma Puer Aeternus potrebbe essere assimilato da lontano ad un documentario radiofonico, ma potrebbe anche stare tra i radiodrammi. Di fatto non è rappresentato alcun documento originale, né c'è una sceneggiatura precisa, ma vuole proporre una serie di suggestioni musicali e letterarie che rimandano a questa figura archetipica dell'eterno bambino.

Da un punto di vista psicologico il Puer Aeternus è quell'uomo che conduce generalmente una vita provvisoria, dovuta alla paura di essere ingabbiato in una situazione da cui potrebbe non essere possibile fuggire. Carl Gustav Jung ne ha parlato nel suo studio "Archetipi e inconscio collettivo" e mette in evidenza la sua natura polare positiva-negativa:

da un lato l'eterno fanciullo appare come un bambino divino, che ricorda Eros, Hermes, Pan, e simboleggia la novità, la fantasia, il potenziale di crescita, la speranza per il futuro; d'altro lato rappresenta l'incostanza, il disordine, la stravaganza, l'istinto incontrollabile, l'essere posseduto dalla passione, il dongiovannismo.

L'interesse per questa figura mitica e modello psicologico, mi è nato quando ancora giovane scoprii che personalmente ne ero un classico esempio. Grande fu lo sconcerto che ebbi, io che credevo di essere un tipo assai originale, quando mi vidi descritto abbastanza fedelmente nelle caratteristiche che un'illustre studiosa junghiana, Marie-Louise von Franz, associava al Puer Aeternus, completando il quadro ambivalente descritto, anche quell'altro aspetto, che credevo davvero mio, di avere sempre la fantasia che in futuro la cosa immaginata si sarebbe realizzata da sola.

martedì 17 febbraio 2015

"I Sotterranei" di Jack Kerouac - L'adattamento radiofonico


Non esiste un metodo o una tecnica particolare per scrivere l’adattamento radiofonico di un romanzo o di un racconto. Non perché sia sempre così semplice, ma piuttosto per l'ampio spazio creativo che viene lasciato all'operatore.

Italo Calvino con la radio ha avuto una nutrita e fruttuosa collaborazione per anni. Ricordo ad esempio la sua celeberrima quanto esilarante "intervista impossibile" del 1974 con l'uomo di Neanderthal, interpretato da un grande Paolo Bonacelli che rispondeva alle domande dell'intervistatore Vittorio Sermonti. Per inciso, diciamo che le interviste impossibili rappresentano forse l'idea più geniale e proficua che sia mai stata realizzata nella storia della radio, capace di mettere in evidenza le qualità drammaturgiche del tutto peculiari dello strumento radiofonico.

Ebbene, nell'adattamento radiofonico si dà vita e forma ad un processo che Italo Calvino definiva come una sorta di  “cinema mentale che é sempre in funzione in tutti noi e non cessa mai di proiettare immagini alla nostra vista interiore". In effetti:
"durante la lettura di un libro, inevitabilmente ci creiamo l’immagine visiva della storia partendo dalle parole del testo che stiamo leggendo; tendiamo, cioè, a sceneggiare, a visualizzare, a collocare in determinati scenari gli eventi narrati, secondo il più o meno ampio repertorio di stereotipi che abbiamo a disposizione e con il quale colmiamo sottintesi, silenzi ed eventuali lacune del testo narrativo" (link)
Da un punto di vista registico, il primo termine di riferimento da prendere in considerazione nell'adattamento radiofonico è naturalmente il tempo che si ha a disposizione per mettere in scena il racconto, perché, qualora la durata del programma non rappresentasse un problema, allora si opterebbe per la sua lettura integrale, eventualmente dando risalto al valore dell'interpretazione ed al commento musicale e sonoro che potrebbe accompagnarla.