martedì 21 aprile 2015

Ida Magli - intervista


Quando penso a Ida Magli, illustre antropologa italiana, autrice di numerosi libri, tradotti anche all'estero, articolista di successo, tenace combattente contro la mostruosa creatura che l'Europa della tecnocrazia finanziaria è diventata, curatrice del sito Italiani liberi, che si impegna a difendere il contesto in cui i valori culturali, intellettuali, linguistici, territoriali, sociali e politici, danno senso e significato al fatto di essere italiani; quando penso ad un simile e forse unico esempio di tenacia intellettuale, non posso fare a meno di ritornare ai tempi degli anni '80, quando frequentavo le sue lezioni all'Università La Sapienza di Roma.

Tenute tre volte a settimana, presso la gloriosa Aula 1 della facoltà di Lettere e Filosofia, le cui pareti allora mostravano ancora tutti i segni iconografici della stagione sessantottina, ricordo che Antropologia Culturale fu una di quelle materie che inserii nel piano di studi, non tanto per ragioni programmatiche o contenutistiche, ma soprattutto perché la professoressa in carica era una di quelle menti vivaci che apriva la mente degli studenti, che usciva dal coro del regime culturale, che dimostrava un'originalità di pensiero tale da sollecitare quella di chi la seguiva.

Dopo aver chiuso, non senza timori e tremori, la frequentazione del biennio di ingegneria, imparai subito che per me essere all'università degli studi aveva un senso solo se vedevo in chi vi insegnava una persona che potesse contribuire alla mia consapevolezza personale e con la quale si potesse intraprendere un dialogo aperto di reciproca e fruttuosa collaborazione intellettuale. Infatti Ida Magli contribuì non poco alla mia formazione culturale, anche perché l'interdisciplinarietà del suo insegnamento, andando contro-corrente alla dirompente settorializzazione e specializzazione della ricerca intellettuale, rendeva possibile la costruzione di una visione della realtà di rara armonia.

venerdì 3 aprile 2015

Elémire Zolla - intervista


A distanza di tanti anni l'aspetto che più mi è rimasto impresso dell'intervista che feci a Elémire Zolla è stato l'incontro personale avuto con quest'uomo. In un appartamento, di cui ho visto solo l'ingresso e il salottino in cui siamo stati, nella zona di via Merulana, a Roma, vengo ricevuto direttamente da lui. Nell'aria un delicato profumo d'incenso, che ben s'intonava con i mobili etnici e i colori indiani della tappezzeria.

Non era stato semplice combinare l'appuntamento. Zolla è stato l'ultimo della serie dei dodici personaggi della cultura italiana previsti per il mio ciclo di interviste del 1987,  trasmesse la domenica sera da Rai RadioDue, intitolato Lo Specchio del Cielo. Erano quasi tutti nomi che avevano avuto una forte influenza nella mia formazione intellettuale ed universitaria fino ad allora. Avevo quasi concluso il ciclo e mancavano ancora un paio di nomi: Corrado Pensa e Elémire Zolla.

Il primo, allora ordinario di Filosofia e religioni dell'India e dell'Estremo Oriente presso La Sapienza, che mi aveva introdotto alla meditazione Vipassana, aveva gentilmente declinato l'invito e, da parte mia, conoscendo bene la sua riservatezza, non avevo insistito più di tanto. Il secondo, allora ordinario di Letteratura anglo-americana, in realtà grande conoscitore delle tradizioni sapienziali d'oriente e d'occidente, aveva fatto lo stesso tramite la moglie Grazia Marchianò, anche lei studiosa di filosofie orientali e che spesso mediava i rapporti del grand'uomo con l'esterno. Poi però qualcuno in Rai mi consigliò di proporgli un gettone di presenza, che in genere non era previsto per questo programma, ma dal momento che ero alla fine del ciclo e non avevo mai usufruito di tale mezzo, potevo permettermelo. In fondo si trattava solo di 500.000 lire. La cosa funzionò ed ottenni l'appuntamento.