A distanza di tanti anni l'aspetto che più mi è rimasto impresso dell'intervista che feci a Elémire Zolla è stato l'incontro personale avuto con quest'uomo. In un appartamento, di cui ho visto solo l'ingresso e il salottino in cui siamo stati, nella zona di via Merulana, a Roma, vengo ricevuto direttamente da lui. Nell'aria un delicato profumo d'incenso, che ben s'intonava con i mobili etnici e i colori indiani della tappezzeria.
Non era stato semplice combinare l'appuntamento. Zolla è stato l'ultimo della serie dei dodici personaggi della cultura italiana previsti per il mio ciclo di interviste del 1987, trasmesse la domenica sera da Rai RadioDue, intitolato Lo Specchio del Cielo. Erano quasi tutti nomi che avevano avuto una forte influenza nella mia formazione intellettuale ed universitaria fino ad allora. Avevo quasi concluso il ciclo e mancavano ancora un paio di nomi: Corrado Pensa e Elémire Zolla.
Il primo, allora ordinario di Filosofia e religioni dell'India e dell'Estremo Oriente presso La Sapienza, che mi aveva introdotto alla meditazione Vipassana, aveva gentilmente declinato l'invito e, da parte mia, conoscendo bene la sua riservatezza, non avevo insistito più di tanto. Il secondo, allora ordinario di Letteratura anglo-americana, in realtà grande conoscitore delle tradizioni sapienziali d'oriente e d'occidente, aveva fatto lo stesso tramite la moglie Grazia Marchianò, anche lei studiosa di filosofie orientali e che spesso mediava i rapporti del grand'uomo con l'esterno. Poi però qualcuno in Rai mi consigliò di proporgli un gettone di presenza, che in genere non era previsto per questo programma, ma dal momento che ero alla fine del ciclo e non avevo mai usufruito di tale mezzo, potevo permettermelo. In fondo si trattava solo di 500.000 lire. La cosa funzionò ed ottenni l'appuntamento.
Avevo ventott'anni ma quando suonai quel campanello mi sentivo come un ragazzino delle elementari con addosso una grande soggezione per colui che consideravo un autentico mostro sacro di vera saggezza. Lui si sistemò seduto al centro del largo divano che campeggiava nella stanza e prese una posizione abbastanza innaturale: schiena eretta, i piedi ben piantati a terra. Io, nella poltrona posta da un lato, che armeggiavo col mio piccolo ma pesante Nagra, sistemando la prima della bella scorta di piccole bobine da quindici minuti di cui ero fornito. Quando mi allungai per provare la posizione del microfono di fronte alla sua bocca, Zolla lo afferrò decisamente. Gli feci presente che in genere ero io che reggevo il microfono, anche per evitare strani rumori con il filo, ma lui insistette e mi rassicurò di non muoverlo. In effetti se lo mise all'esatta distanza dalla bocca che gli suggerii, e così rimase, in quella posizione statutaria, per tutta l'ora abbondante che durò l'intervista.
Alla prima e timida domanda, con la mia voce tendente verso i toni alti, delle occasioni in cui non mi sentivo del tutto sicuro di me stesso, lui contrappose una voce dal tono caldo, fermo, pacato. Cominciò subito a decollare in ragionamenti complessi, costruiti con una lucidità tale che ne rimasi immediatamente impressionato. Era come se recitasse a memoria con grande maestria, ma evidentemente era la manifestazione di una superba padronanza di pensiero.
E fu così che, mentre i minuti trascorrevano veloci, si affrontarono gli argomenti che mi ero preparato: dalla natura del pensiero, all'origine della coscienza, dal silenzio interiore alla sincronia delle coincidenze significative, dall'aura sacrale di certi luoghi all'uso rituale di certe droghe, dal problema della morte a molti altri temi che mi stavano a cuore. Lui rispose puntualmente a tutte le mie domande, con estrema precisione eppure con grande e geniale libertà creativa. Alla fine, a microfono spento, avrei preferito entrare maggiormente in confidenza, superando il deciso ma cortesissimo distacco che ostentava, ma non accadde.
Una volta a casa riascoltai l'intervista in compagnia di un amico, anch'egli appassionato esoterista. "E' decisamente un iniziato. Non c'è dubbio"; questo fu il suo unico commento che non ebbi difficoltà alcuna a condividere in pieno. Di lì a qualche anno Elémire Zolla lasciò l'insegnamento per trasferirsi nella quiete agreste di Montepulciano, dove morì nel 2002.
Sulla sua peculiare biografia, le numerose opere e il particolarissimo stile letterario non mi soffermo, tali e tanti sono i siti che ne approfondiscono natura e qualità. Mi limito a suggerire elemirezolla.org, riferimento dell'Associazione Internazionale nonché organo ufficiale di informazione e ricerca sul lascito intellettuale di Elémire Zolla.
Infine è il caso che citi il sito Rai in cui si raccolgono le numerose interviste de Lo Specchio del Cielo, quindi anche quella di Elémire Zolla, ma come ho già scritto nel caso di Fausto Antonini, non si comprende la logica folle di archiviazione che in quella sede si porta avanti, tagliando via metà di ogni intervista e associandola alla metà di una intevista diversa, unite in un unico file di ascolto.
Mi preme dunque sottolineare che quella che presento qui non è solo l'intera intervista andata in onda, ma racchiude anche un'ulteriore risposta inedita, che per motivi di tempo non ero riuscito ad includere allora nel programma.
Non era stato semplice combinare l'appuntamento. Zolla è stato l'ultimo della serie dei dodici personaggi della cultura italiana previsti per il mio ciclo di interviste del 1987, trasmesse la domenica sera da Rai RadioDue, intitolato Lo Specchio del Cielo. Erano quasi tutti nomi che avevano avuto una forte influenza nella mia formazione intellettuale ed universitaria fino ad allora. Avevo quasi concluso il ciclo e mancavano ancora un paio di nomi: Corrado Pensa e Elémire Zolla.
Il primo, allora ordinario di Filosofia e religioni dell'India e dell'Estremo Oriente presso La Sapienza, che mi aveva introdotto alla meditazione Vipassana, aveva gentilmente declinato l'invito e, da parte mia, conoscendo bene la sua riservatezza, non avevo insistito più di tanto. Il secondo, allora ordinario di Letteratura anglo-americana, in realtà grande conoscitore delle tradizioni sapienziali d'oriente e d'occidente, aveva fatto lo stesso tramite la moglie Grazia Marchianò, anche lei studiosa di filosofie orientali e che spesso mediava i rapporti del grand'uomo con l'esterno. Poi però qualcuno in Rai mi consigliò di proporgli un gettone di presenza, che in genere non era previsto per questo programma, ma dal momento che ero alla fine del ciclo e non avevo mai usufruito di tale mezzo, potevo permettermelo. In fondo si trattava solo di 500.000 lire. La cosa funzionò ed ottenni l'appuntamento.
Avevo ventott'anni ma quando suonai quel campanello mi sentivo come un ragazzino delle elementari con addosso una grande soggezione per colui che consideravo un autentico mostro sacro di vera saggezza. Lui si sistemò seduto al centro del largo divano che campeggiava nella stanza e prese una posizione abbastanza innaturale: schiena eretta, i piedi ben piantati a terra. Io, nella poltrona posta da un lato, che armeggiavo col mio piccolo ma pesante Nagra, sistemando la prima della bella scorta di piccole bobine da quindici minuti di cui ero fornito. Quando mi allungai per provare la posizione del microfono di fronte alla sua bocca, Zolla lo afferrò decisamente. Gli feci presente che in genere ero io che reggevo il microfono, anche per evitare strani rumori con il filo, ma lui insistette e mi rassicurò di non muoverlo. In effetti se lo mise all'esatta distanza dalla bocca che gli suggerii, e così rimase, in quella posizione statutaria, per tutta l'ora abbondante che durò l'intervista.
Alla prima e timida domanda, con la mia voce tendente verso i toni alti, delle occasioni in cui non mi sentivo del tutto sicuro di me stesso, lui contrappose una voce dal tono caldo, fermo, pacato. Cominciò subito a decollare in ragionamenti complessi, costruiti con una lucidità tale che ne rimasi immediatamente impressionato. Era come se recitasse a memoria con grande maestria, ma evidentemente era la manifestazione di una superba padronanza di pensiero.
E fu così che, mentre i minuti trascorrevano veloci, si affrontarono gli argomenti che mi ero preparato: dalla natura del pensiero, all'origine della coscienza, dal silenzio interiore alla sincronia delle coincidenze significative, dall'aura sacrale di certi luoghi all'uso rituale di certe droghe, dal problema della morte a molti altri temi che mi stavano a cuore. Lui rispose puntualmente a tutte le mie domande, con estrema precisione eppure con grande e geniale libertà creativa. Alla fine, a microfono spento, avrei preferito entrare maggiormente in confidenza, superando il deciso ma cortesissimo distacco che ostentava, ma non accadde.
Una volta a casa riascoltai l'intervista in compagnia di un amico, anch'egli appassionato esoterista. "E' decisamente un iniziato. Non c'è dubbio"; questo fu il suo unico commento che non ebbi difficoltà alcuna a condividere in pieno. Di lì a qualche anno Elémire Zolla lasciò l'insegnamento per trasferirsi nella quiete agreste di Montepulciano, dove morì nel 2002.
Sulla sua peculiare biografia, le numerose opere e il particolarissimo stile letterario non mi soffermo, tali e tanti sono i siti che ne approfondiscono natura e qualità. Mi limito a suggerire elemirezolla.org, riferimento dell'Associazione Internazionale nonché organo ufficiale di informazione e ricerca sul lascito intellettuale di Elémire Zolla.
Infine è il caso che citi il sito Rai in cui si raccolgono le numerose interviste de Lo Specchio del Cielo, quindi anche quella di Elémire Zolla, ma come ho già scritto nel caso di Fausto Antonini, non si comprende la logica folle di archiviazione che in quella sede si porta avanti, tagliando via metà di ogni intervista e associandola alla metà di una intevista diversa, unite in un unico file di ascolto.
Mi preme dunque sottolineare che quella che presento qui non è solo l'intera intervista andata in onda, ma racchiude anche un'ulteriore risposta inedita, che per motivi di tempo non ero riuscito ad includere allora nel programma.
Ho ascoltato questa intervista molte volte.
RispondiEliminaResto incantato dal tono di voce di Zolla,così pastosamente pacato.
Vorrei chiederle, restò deluso quando Zolla accettò l'intervista in cambio del "gettone di presenza"?
Inoltre non ho ben compreso il discorso di Zolla sull'utilità della solitudine: individuare l'origine dei propi pensieri e dominarli?
"fermare la regia della propia interiorità"? Sinceramente non capisco il significato della cosa.
Il resto dell'intervista invece è chiaro,
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaLa ringrazio, Carmelo, del commento.
RispondiEliminaNell'articolo sono stato impreciso, il compenso si offrì alla Marchianò che gestiva i rapporti esterni del marito e che probabilmente aveva uno sguardo sulla vita un po' più pragmatico.
Sul discorso della "solitudine e della "regia della propria interiorità":
si sta parlando di ciò che accade nella meditazione, che per forza di cose deve avvenire in solitudine. La meditazione è la conquista della consapevolezza, da parte del testimone cosciente interiore, di fronte all'imperversare, automatico e abituale, dei pensieri. Si tratta di qualcosa che si può afferrare solo attraverso un'esperienza pratica di cosa sia la meditazione.
Cordiali saluti
Torno spesso a risentire la sua intervista a Zolla.
RispondiEliminaMi rasserena.
Mi piace moltissimo il tono di voce del Professore,certe intonazioni,certe pause,come pronuncia certe parole (il "punch",a proposito dei seguaci di Shiva).
Mi piacerebbe approfondire alcuni temi,ad esempio la definizione di "satanico" data ai movimenti del 1968; in quali testi è trattata (forse "che cos'è la tradizione")?
Vorrei inoltre chiederle,qual'è la musica della sigla del suo programma?
La trovo molto suggestiva,oltre che bella.
Grazie.
Al momento non le saprei dire se il libro da lei citato sia quelo giusto, ma potrebbe.
EliminaLa sigla del programma è il Concerto per violoncello in B Minor, Op. 104: II. Adagio ma non troppo di George Szell e l'esecuzione della Berliner Philharmoniker, diretta da Pierre Fournier.
La ringrazio.
RispondiEliminaGentile Dottor Antinozzi,vediamo se ho capito bene.
RispondiEliminaIn solitudine bisogna lasciare andare il flusso dei pensieri.
Man mano che le idee e le immagini fluiscono bisogna fermarle chiedendosi di ognuna da dove scaturisce.
Faccio un esempio:se sovviene alla mia mente un aquilone devo chiedermi da dove proviene questa immagine e perchè sto pensando propio ad essa ("il regista nascosto").
Se compio questo esercizio abitualmente,con ogni pensiero ed immagine alla fine arriverò a controllare il flusso del mio pensiero indirizzandolo,per esempio su pensieri positivi o favorendo una concentrazione assoluta sul risolvimento di determinati problemi (cogliere le mele delle esperidi).
Ho ben compreso?
Andrea.
Gentile Andrea, quella di Zolla è stata una descrizione filosofica della meditazione, forse solo mitologica, ma non certo un'indicazione pratica della tecnica da usare.
EliminaDi tecniche ce ne sono una miriade, a seconda della scuola, della tradizione e del livello raggiunto. Non penso sia congruo quindi discuterne in questa sede.