Il titolo di questo blog, La Luce dell'Invisibile, è anche il titolo di un documentario che ho realizzato nel 2004 dedicato alla biografia artistica di Mimmo Jodice, il fotografo napoletano di fama internazionale. Il sottotitolo di quel documentario era: Lo Sguardo Altrove di Mimmo Jodice, per sottolineare la poetica visiva dell'artista che ha sempre cercato nelle sue opere di esprimere qualcosa che va oltre il visibile.
Per citare un brano del soggetto che scrissi, prima di affrontare la realizzazione del documentario, "la sfera in cui entriamo quando veniamo in contatto con il mondo di Mimmo Jodice, è uno spazio infinito verso l’ignoto; un canale di comunicazione che parla attraverso simboli e indica tanto le realtà animiche di un onirismo surreale, quanto le consistenze spirituali di una percezione metafisica".
Le opere create dall'artista sono immagini che vanno contemplate dopo che si è raggiunto uno stato di silenzio interiore per fare in modo che ciò che si guarda vada a depositarsi in un livello della nostra percezione che sta oltre ogni criterio di analisi riflessiva.
Per questo motivo ho cercato di realizzare il documentario guidato soprattutto dalla "consapevolezza di avere a che fare con l’opera di un creativo che ha molto meditato su se stesso come uomo e come artista; che ha studiato profondamente il suo mezzo di espressione, con un retroterra che tocca esperienze artistiche, sia di pittura che scultura, intervenendo anche nella manipolazione fisica dell’oggetto fotografico; che ha assorbito le tematiche della avanguardia con la libertà mentale di chi si è sottratto ad una formazione accademica o ad un inserimento in un dato contesto culturale; che non ha mai smesso di sentirsi tutt’uno con il proprio contesto culturale, osservatore e mediatore di una realtà, anch’essa densa e complessa, come quella della città di Napoli".
E' così che nasceva il punto di vista originale di Jodice. Una prospettiva che supera i confini di ciò che l’obiettivo inquadra, in una tensione che trascende la forma dei volti e degli oggetti ripresi, per trasfiguarli su un altro piano di realtà; un piano archetipo che si estende oltre i luoghi originari rappresentati.
Ho già accennato a questo documentario parlando qui della telecamera che usammo in quell'occasione. Posso dire che l'incontro con Mimmo Jodice mi ha aiutato molto a riflettere su me stesso e sulle mie realizzazioni, perché si inseriva perfettamente nella mia stessa ricerca esistenziale. Le cose non accadono mai a caso e, sebbene non fosse nato di mia inizativa, visto che il documentario mi era stato commissionato dal produttore Franco Monteleone, a cui va tutto il mio riconoscimento per la fiducia dimostratami, mi son trovato di fronte ad un soggetto che mi era perfettamente congeniale.
Quando alla fine del montaggio mi sono trovato a concepire anche il titolo del lavoro, devo dire che La Luce dell'Iinvisibile è arrivato immediatamente, come fosse stato suggerito da forze superiori. Sono dimensioni queste che hanno a che fare con il piano sottile della realtà, che le fa da sostrato fondamentale e che non è possibile percepire direttamente attraverso i normali cinque organi di senso.
Per citare un brano del soggetto che scrissi, prima di affrontare la realizzazione del documentario, "la sfera in cui entriamo quando veniamo in contatto con il mondo di Mimmo Jodice, è uno spazio infinito verso l’ignoto; un canale di comunicazione che parla attraverso simboli e indica tanto le realtà animiche di un onirismo surreale, quanto le consistenze spirituali di una percezione metafisica".
Le opere create dall'artista sono immagini che vanno contemplate dopo che si è raggiunto uno stato di silenzio interiore per fare in modo che ciò che si guarda vada a depositarsi in un livello della nostra percezione che sta oltre ogni criterio di analisi riflessiva.
Per questo motivo ho cercato di realizzare il documentario guidato soprattutto dalla "consapevolezza di avere a che fare con l’opera di un creativo che ha molto meditato su se stesso come uomo e come artista; che ha studiato profondamente il suo mezzo di espressione, con un retroterra che tocca esperienze artistiche, sia di pittura che scultura, intervenendo anche nella manipolazione fisica dell’oggetto fotografico; che ha assorbito le tematiche della avanguardia con la libertà mentale di chi si è sottratto ad una formazione accademica o ad un inserimento in un dato contesto culturale; che non ha mai smesso di sentirsi tutt’uno con il proprio contesto culturale, osservatore e mediatore di una realtà, anch’essa densa e complessa, come quella della città di Napoli".
E' così che nasceva il punto di vista originale di Jodice. Una prospettiva che supera i confini di ciò che l’obiettivo inquadra, in una tensione che trascende la forma dei volti e degli oggetti ripresi, per trasfiguarli su un altro piano di realtà; un piano archetipo che si estende oltre i luoghi originari rappresentati.
Ho già accennato a questo documentario parlando qui della telecamera che usammo in quell'occasione. Posso dire che l'incontro con Mimmo Jodice mi ha aiutato molto a riflettere su me stesso e sulle mie realizzazioni, perché si inseriva perfettamente nella mia stessa ricerca esistenziale. Le cose non accadono mai a caso e, sebbene non fosse nato di mia inizativa, visto che il documentario mi era stato commissionato dal produttore Franco Monteleone, a cui va tutto il mio riconoscimento per la fiducia dimostratami, mi son trovato di fronte ad un soggetto che mi era perfettamente congeniale.
Quando alla fine del montaggio mi sono trovato a concepire anche il titolo del lavoro, devo dire che La Luce dell'Iinvisibile è arrivato immediatamente, come fosse stato suggerito da forze superiori. Sono dimensioni queste che hanno a che fare con il piano sottile della realtà, che le fa da sostrato fondamentale e che non è possibile percepire direttamente attraverso i normali cinque organi di senso.
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