Secondo me il vero documentario si caratterizza invece sempre dalla presenza implicita di un autore personale che restituisce la realtà secondo un punto di vista rigorosamente soggettivo. E' in questi casi che si ha la vera comunicazione, che si distingue nettamente dal semplice carattere informativo che caratterizza i primi che ho citato.
Sembra un non-sense, ma quando si pretende di comunicare secondo un certo criterio di oggettività, quasi sempre siamo in presenza di un prodotto gestito più o meno direttamente da un'istituzione di potere che definisce dall'alto ciò che deve essere considerato vero o meno. Mentre dietro uno sguardo soggettivo c'è l'attiva, esplicita ed onesta elaborazione poetica di una singola persona che secondo il suo punto di vista descrive ciò che per lui è vero. In questo modo diventa molto più produttivo per il fruitore il confronto con ciò che sta guardando perché sa chi c'è dietro alla realizzazione dell'opera.
Non è un caso che oggi come oggi il documentario d'autore è un prodotto pressoché inesistente in televisione, non perché non se ne facciano abbastanza. Basta dare un'occhiata ai programmi dei numerosissimi festival documentari che si organizzano in tutto il mondo per rendersi conto della mole enorme di documenatri d'autore presentati al loro interno. Ma la mancanza dolosa di una qualsiasi distribuzione impedisce che questi arrivino al grande pubblico.
La vera conoscenza è quasi sempre rivoluzionaria, vien da sé quindi che questo genere di documentario venga considerato pericoloso agli occhi del potere costituito. Come dice Vittorio Nevano, regista ed autore prestigioso di documentari, "dittatura e documentario" non sono mai andati d'accordo. Ecco allora che nella situazione odierna in cui la dittatura è chiamata democrazia, ma sempre dittatura è, di veri documentari non se ne vedono in giro, mentre abbonda l'altro tipo di documentario che più giusto sarebbe chiamare con il suo vero nome: propaganda.
Quando, nel 2006, stavo realizzando un documentario che aveva per tema proprio il genere documentario, incontrai Vittorio Nevano e registrai questa intervista che qui presento, in cui questo discorso viene descritto molto bene.
Come è giusto che sia, Nevano è molto accalorato nel presentare le sue tesi e non può essere altrimenti dato che, come tutti i documentaristi, sta pagando sulla sua pelle la frustrazione continua di non vedere alcuna possibilità di vedere distribuito il frutto del proprio lavoro.
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