Alla fine del 2008 a Bali ci siamo trovati coinvolti nei preparativi di una cerimonia gigantesca di cui nessuno ci aveva mai parlato. Cominciarono ad affluire nel nostro spazio quotidiano centinaia di balinesi con i loro vestiti tradizionali, impegnati per molti giorni in un complesso rituale di cui lentamente ci siamo resi conto del significato.
Si faceva fatica a seguire l'estenuante ritmo delle cerimonie. Quasi nessuno parlava inglese e quei pochi che lo masticavano non erano in grado di spiegarci molto. Ma la magnificenza dello spettacolo colorato che ogni giorno si presentava ai nostri occhi ci ha attratto pian piano nel suo vortice, fino a decidere di volerlo immortalare con la telecamera.
Per fortuna c'era anche un operatore di BaliTv, la televisione locale, che aveva seguito gli eventi rituali fin dall'inizio e che mi ha consentito di avere del materiale con un capo e una coda e dunque di essere in grado alla fine di montarlo con una logica accettabile per la descrizione.
Attraverso numerose interviste, in un inglese assai approssimativo, abbiamo compreso che si trattava dello NGABEN, la cerimonia di cremazione, in lingua locale. Secondo i costumi induisti arcaici di Bali non si tratta tanto della cremazione del corpo del defunto, quanto del suo veicolo simbolico e del veicolo simbolico della sua anima.
Dopo la morte di un parente, il primo compito per i familiari è ovviamente disfarsi dei resti fisici, che vengono sotterrati o bruciati, a seconda della disponibilità economica. Il clima caldo e umido non consentirebbero di attendere i lunghi tempi delle cerimonie richieste. Quindi i veri protagonisti delle celebrazioni funebri saranno successivamente i resti simbolici, che per quella religione devono attraversare una serie di stadi di purificazione, fino a rendere l'anima del defunto simile a quella di una divinità.
Come tale, dopo il lungo rituale, essa potrà fungere da antenato protettore di tutta la linea genetica della famiglia. La complessità cerimoniale però risulta assai costosa e non può essere eseguita quasi mai immediatamente dopo la morte. Per questo spesso si attendono anni prima di poterla affrontare.
In questa occasione assistemmo ad una celebrazione di gruppo, per abbatterne le spese. Così oltre ottanta famiglie balinesi hanno aderito all'iniziativa. Ad esse si è unito anche un ristretto gruppo di occidentali che ha voluto commemorare i propri defunti secondo l'antico rituale induista.
La cerimonia è durata circa un mese, durante il quale si sono susseguite processioni, gruppi musicali, danze teatrali, pellegrinaggi attraverso i luoghi più suggestivi e sacri di Bali. Una splendida occasione di vivere dall'interno l'atmosfera tradizionale dell'isola e poterla restituire attraverso un documentario di un'ora, che ne rappresenta le fasi più importanti.
L'aspetto più difficile per la sua realizzazione è stato quello della scelta tra decine e decine di ore di registrato. Sapevo che si sarebbe trattato di un lavoro assai impegnativo; per questo ho atteso quasi quattro anni per decidere di approcciarlo. Finalmente ora ci sono riuscito.
In testa all'articolo il trailer del lavoro, concluso nel marzo 2013.
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