Un altro programma di quell'esperimento radiofonico del 1990 che avevamo chiamato "Labirinti", trasmesso dalla sedicente "Radio Senza Frequenza" fu "Puer Aeternus". Anche questo programma è qualcosa di poco classificabile nel panorama tradizionale dei prodotti mediatici.
Rimando ai post precedenti (I sotterranei e Quadri sonori) per la descrizione del contesto in cui è inserito. Diciamo che il programma Puer Aeternus potrebbe essere assimilato da lontano ad un documentario radiofonico, ma potrebbe anche stare tra i radiodrammi. Di fatto non è rappresentato alcun documento originale, né c'è una sceneggiatura precisa, ma vuole proporre una serie di suggestioni musicali e letterarie che rimandano a questa figura archetipica dell'eterno bambino.
Da un punto di vista psicologico il Puer Aeternus è quell'uomo che conduce generalmente una vita provvisoria, dovuta alla paura di essere ingabbiato in una situazione da cui potrebbe non essere possibile fuggire. Carl Gustav Jung ne ha parlato nel suo studio "Archetipi e inconscio collettivo" e mette in evidenza la sua natura polare positiva-negativa:
da un lato l'eterno fanciullo appare come un bambino divino, che ricorda Eros, Hermes, Pan, e simboleggia la novità, la fantasia, il potenziale di crescita, la speranza per il futuro; d'altro lato rappresenta l'incostanza, il disordine, la stravaganza, l'istinto incontrollabile, l'essere posseduto dalla passione, il dongiovannismo.
L'interesse per questa figura mitica e modello psicologico, mi è nato quando ancora giovane scoprii che personalmente ne ero un classico esempio. Grande fu lo sconcerto che ebbi, io che credevo di essere un tipo assai originale, quando mi vidi descritto abbastanza fedelmente nelle caratteristiche che un'illustre studiosa junghiana, Marie-Louise von Franz, associava al Puer Aeternus, completando il quadro ambivalente descritto, anche quell'altro aspetto, che credevo davvero mio, di avere sempre la fantasia che in futuro la cosa immaginata si sarebbe realizzata da sola.
Tutto questo, insieme ad altri motivi, non ultimo il desiderio di approfondire lo studio e la pratica della psicoanalisi, mi convinse di affrontare un'analisi junghiana. Nella mia storia biografica era già accaduto l'incontro con la meditazione buddista Vipassana, con tutte le trasformazioni personali che mi aveva già donato. Ma il fatto di continuare comunque ad avere, forte e pronunciata, la sindrome dell'eterno fanciullo mi convinse di volerci andare a fondo anche attraverso la psicoterapia.
Hillman è stato il precursore, nonché fondatore della psicologia archetipica, che tentava, con successo secondo me, di demedicalizzare il rapporto analista-paziente per condurlo a quella dialettica interiore tra anima e archetipo che avviene in maniera naturale nell'esplorazione propria di ogni individuo, ciò che Hillman chiamava il "fare anima".
In questo nuovo approccio egli sottraeva la psicologia classica a quella prospettiva che l'ha sempre condizionata, rappresentata dal dominio dall'archetipo della Grande Madre. Compito che Hillman affronta in quel caposaldo teorico che era stato "Re-visione della psicologia", pubblicato in edizione inglese fin dal 1975 e in italiano nel 1983 per i tipi dell'Adelphi.
Il discorso ha una sua complessità, che per chi fosse interessato vale la pena approfondire in altra sede, ma nella pratica la visione psicologica classica voleva e vuole curare il puer facendogli affrontare una trattamento costituito da disciplina e duro lavoro, che sono gli elementi implicati dall'essere adulti e quindi alla fine attraverso un intervento normalizzatore. La psicologia archetipica di Hillman invece vuole far riscoprire il valore in sé dell'archetipo del puer, che ha delle specificità fuori dal comune legate al suo carattere divino e che va rispettato, valorizzato e quindi niente affatto da sopprimere.
La psicologia classica, afferma Hillman, ha sempre voluto seguire la metodologia della Scienza empirica, che tende alla conquista e alla manipolazione della materia, di cui è costituito il mondo fisico. Quindi è sempre stata dominata dall'archetipo della Grande Madre perché, come indica la parola stessa, "Madre - Mater", rimanda alla materia.
In altre parole, nella psicologia classica il puer è solamente uno che è affetto dal "complesso di castrazione materna", cioè l'essere puer viene ridotto ad un fissazione psicologica con due sole vie d'uscita:
se curato, diventa un brava persona, normale, che Hillman chiama "Figlio", capace di inserirsi nelle normali strutture sociali, uniformandosi ad esse. Quindi accetta, per così dire, l'uniforme in giacca e cravatta, per entrare organicamente ed efficentemente in quelle istituzioni che sostituiscono la madre, facendone un impiegato utile all'azienda, all'esercito, al ministero, al partito; si forma una famiglia e la moglie in genere sostituirà la madre.
Se non curato, la sua tendenza congenita alla solitudine e alla ribellione ad oltranza condurrà il Puer ad essere un "Eroe", sempre secondo la nomenclatura hillmaniana, destinato prima o poi alla morte, attraverso una sorta di sacrificio inconscio di se stesso. Ne abbiamo degli esempi significativi in quelli che si dedicano agli sport estremi, ai rivoluzionari politici destinati al martirio; sono cioè quelle figure che possono fare da riferimento in certi contesti, nei quali comunque la morte resta l'unico modo per salvare la propria originale individualità.
Nella psicologia archetipica di Hillman, che vuole sollevarsi da una visione materialistica della psiche, oltre al Figlio e all'Eroe, il Puer può seguire la propria via distaccandosi dalla Madre e riconnettendosi invece al padre, al nonno, a quella figura maschile che Hillman chiama Senex, completando l'archetipo della sua natura originaria polare e spirituale, in quanto Puer-Senex.
In questo caso si apre interiormente quella dialettica tra le caratteristiche volubili giovanili che dicevamo sopra e l'essere disciplinato, controllato, responsabile, razionale, ordinato, costante, proprie di chi scopre il valore di Cronos, del tempo. Ma si tratta di un dialogo aperto e continuo tra i due estremi che salverebbe gli aspetti di divinità che il puer porta con sé. L'esempio massimo è quello dell'artista che, pur consacrandosi alla propria creatività, deve essere abbastanza determinato per portare a compimento le proprie realizzazioni.
Insomma, ritornando alla mia storia, Hillman mi salvò dalla psicoanalisi classica, che portai comunque a termine nel breve arco di un paio d'anni, e dal senso di colpa di cui è implicitamente portatrice. A quel punto l'immagine ispirativa di Hermes-Mercurio, dio della comunicazione, messaggero veloce tra opposte istanze psicologiche e culturali, divenne per me il naturale traghettatore verso una vita ricca e propositiva, che accettava le condizioni alla base di un adeguato senso di realtà, ma contando anche sulla magia ed il prodigio, di cui la vita comunque può essere portatrice.
Potevo ora affidarmi con cognizione di causa alla fantasia che in futuro la cosa immaginata si sarebbe veramente realizzata da sola; l'essenziale era continuare a lavorarci sopra, senza che mettessi mai la parola fine all'approfondimento della conoscenza di sé e al rafforzamento delle energie soprasensibili di cui siamo portatori. Questo, se non si vuole porre dei limiti alla propria evoluzione. Dopo oltre vent'anni posso dire di aver avuto ragione.
Col tempo studiai praticamente tutta l'opera di Hillman pubblicata fino al 1996. L'ultimo suo libro che lessi fu "Forme del potere", che cominciava ad essere già meno interessante dei precedenti perché l'autore si era trasformato in fenomeno editoriale di successo e quindi più attento a rispondere alle esigenze del mercato, piuttosto che alla libera ricerca in se stessa.
Questo ero il contesto biografico e culturale in cui nacque il lavoro radiofonico che presento in questo post. Prendemmo come esempi emblematici del Puer - Eroe che si ribella, due icone assolute della musica rock, Jimi Hendrix e Jim Morrison, che con la loro morte prematura confermavano il destino estremo del Puer, consacrandosi come riferimento per milioni di giovani.
Si trattava di esempi dell'incompletezza di un lavoro spirituale su se stessi, restando dunque legati alla prospettiva della Grande Madre, ma che esprimevano bene le forze trascendenti proprie del grande dio Pan, la parte complementare implicita al personaggio letterario di Peter Pan, apparso nei romanzi di James Mattew Barrie nei primi del Novecento.
I miei compagni di viaggio anche in questo lavoro sono stati Maria Giuditta Santori e Mauro De Cillis, già citati negli articoli dedicati alla nostra Radio Senza Frequenza.
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