venerdì 18 gennaio 2013

La buona nascita

E' un'esperienza frequentissima che di tutti i progetti che un autore concepisce e di cui scrive il soggetto, solo una piccolissima percentuale riesce poi a portare a termine. Anzi, direi che è una cosa ovvia, visto che non è tanto la bontà di un'idea a fare da traino, benché questa potrebbe aiutare, ma le condizioni e le circostanze presenti che rendono possibile la produzione. Cosa tutt'altro che semplice.
Purtroppo accade spesso che ci si arrischia anche a iniziare la realizzazione di un documentario senza essersi assicurati che tutte le voci della produzione siano coperte e poi si debba interromperla perché di fatto le circostanze ne rendono non conveniente o impossibile la realizzazione. Sono i cosiddetti "aborti" o, almeno io li chiamo così.

A me succede di frequente che, pur di evitare di far abortire definitivamente un progetto iniziato, lo rimando sine die, cioè diciamo ad un momento successivo più felice. A volte, in questi casi, capita però anche di poter modificare il progetto già in fase di lavorazione per cambiarne la natura e la destinazione. Così invece di un aborto totale si ha almeno il parto di un topolino, che senz'altro è meglio di niente o addirittura meglio in assoluto.

E' stato il caso di quando nel 2010
avevo cominciato a realizzare le riprese di un documentario, guarda caso, proprio sul parto naturale in Campania, che ha il triste primato nazionale della più alta percentuale di parti cesarei. Non sono aggiornato sull'oggi, ma all'epoca superava il 70%! Il lavoro si presentava interessante, anche perché avevo il sopporto completo di un'associazione ben inserita sul territorio che portava avanti il discorso del parto naturale nella città di Caserta e sarebbe dovuto essere finanziato, almeno in parte, dalla Asl di zona, oltre che dalla Provincia o dalla Regione.

Dal momento che per circostanze del tutto personali stavo frequentando già l'ambiente dell'associazione, non avevo perso tempo a verificare la disponibilità finale di questi altri interlocutori. Iniziai così a fare le riprese con il materiale, già ottimo, che mi capitava sotto mano.

Quando poi arrivarono i responsi tutti negativi di queste amministrazioni pubbliche, avevo solo due scelte: cominciare ad andare in giro a cercare sponsor privati o abortire il progetto. Quando si parla di sponsor privati è necessario avere già chiaro il quadro inerente alla diffusione di cui il lavoro potrà godere, visto che agli sponsor devi promettere quale tipo di visibilità puoi garantire loro.

Una rapida verifica mi portò subito a rendermi conto che la politica del parto naturale non è ben vista in Campania, perché cozza contro interessi piuttosto corposi che ruotano intorno all'imposizione del cesareo. Le tv locali quindi erano assai poco propense ad inserire nel palinsesto un tema così delicato che, tra l'altro, di fatto si staccava troppo nettamente dall'ordinaria immondizia trasmessa quotidianamente.

Senza scendere nei particolari, desistetti quasi subito, anche perché avevo altro per la testa in quel momento. Piuttosto che abortire il progetto, tuttavia, scelsi di convertire le immagini, che intanto avevo collezionato, in uno spot promozionale per l'associazione, da rendere fruibile attraverso YouTube.

Fu la scelta giusta perché in capo a pochi mesi il video superò le diecimila visioni, segno che l'associazione ne stava facendo buon uso per portare avanti il proprio onorevole compito. Da parte mia fui felice di poter almeno ricambiare con gratitudine il notevole servizio di cui stavo beneficiando attraverso i suoi valenti operatori.


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