giovedì 28 febbraio 2013

Il servizio breve

E' più manipolato un prodotto audiovisivo della durata di un'ora o uno di 3 minuti? Intendo a parità di argomento e di contenuti. Verrebbe immediatamente da rispondere quello breve. In quest'ultimo infatti è molto più concentrato ed intenso il lavoro di editing da affrontare con tagli cortissimi che restituiscno una velocità da videoclip.

In realtà entrambi portano con sé una forte manipolazione delle immagini. C'è poco da fare, la manipolazione è sempre presente, come in qualsiasi prodotto.
Però laddove abbiamo un'immagine che riprende un'azione non sottoposta ad alcun taglio, come alcune veline dei servizi del telegiornale prima del montaggio, la possibiltà di assistere alla lunghezza in tempo reale di ciò che si assiste, potremmo dire che la manipolazione è minore. In effetti è così, ma la maniplazione è comunque presente, se non altro per la scelta dell'inquadratura.

Non è detto poi che in quest'ultimo caso l'immagine sia più fruibile della versione montata. Dipende dall'azione, ovviamente, e da quanto sia interessante. Un'azione di tre minuti non sottoposta ad alcun taglio, potrebbe incollare al teleschermo, come annoiare a morte. Insomma non esistono leggi precise in questo campo.

Diciamo però che se devi raccontare qualcosa di complesso, farlo con una durata di un'ora o in tre minuti, la differenza di manipolazione c'è. Eccome! In generale un servizio di tre minuti necessità di una velocità di racconto tale, che si entra nel'ambito di quella televisione detta MTVizzata, che secondo me risulta tutt'altro che rilassante. Il livello di tensione e di ritmo è talmente elevato che dopo un po' non puoi non sentire un certo effetto alienante.

Quando ho avuto la ventura di lavorare per un paio di anni nel programma ArtNews, una sorta di telegiornale dell'arte, prodotto da Rai Educational, l'esperienza è stata certamente interessante, sotto il profilo tecnico. La necessità di raccontare in tempi strettissimi l'oggetto del servizio, costringeva per forza di cose ad un'elevatissima elaborazione di editing. Proporzionalmente aumentavano di molto anche i tempi di lavorazione rispetto al filmato lungo.

Ma questo è quasi ovvio. Meno ovvio è l'effetto che alla lunga si ottiene alla fine. Siamo talmente abituati ai tempi corti della televisione odierna che non ci si fa più caso. Diventa evidente quando guardiamo la televisione di venti o trent'anni fa. Una volta si aveva tempi lunghissimi, quasi assurdi rispetto ad oggi. Era meglio allora o oggi? Difficile dire. Penso sia come chiedere: è meglio la qualità o la quantità? Inoltre, se è facile definire cosa sia quantità, è quasi impossibilie fare altrettanto riguardo la qualità. Cos'è qualità? C'è da scriverci un intero libro. L'ha fatto Robert Pirsig nel 1974 nel suo romanzo "Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta".

Sta di fatto che ArtNews consisteva all'epoca, parliamo del 2006, 2007, in tanti servizi brevissimi in successione, intervallati soltanto da sigle lampo e dagli interventi altrettanto brevi in studio della presentatrice, nonché autrice Maria Paola Orlandini. Ebbene, secondo me il risultato finale era, sì, di aver avuto un concentrato di notizie molto intenso, ma si otteneva una specie di effetto amalgamante che alla fine del programma ti confondeva e ti faceva ricordare ben poco. In effetti nelle ultime edizioni è stato aggiustato il tiro.

La tecnica che usavo in montaggio era quella di disporre sulla timeline prima il parlato, raggiungere la durata richiesta e poi aggiungere le immagini. In questo modo si riusciva a stare grosso modo anche nei tempi di studio concessi. Circa otto ore per un servizio di pochi minuti. Qualche volta non era sufficiente.

L'abilità della regia generale del programma, affidata allora all'esperienza di Enzo Sferra, era quella di elaborare e mettere insieme i tempi dei vari servizi costruiti dai registi esterni, con gli altri ingredienti presenti, per riuscire comunque ad offrire un messaggo finale che restava nella testa dello spettatore.

Personalmente credo che già allora si era arrivati al limite della capacità di elaborazione della mente umana per sopportare una tale dose di informazioni e immagini in tempi così veloci.

Ho sempre amato il cinema lento. In gioventù amavo Tarkovsky, tanto per intenderci. Vien da sé che l'esperienza di ArtNews, sebbene molto formativa, non rappresentava il mio ideale formale di narrazione in video. Nella realizzazione di un documentario, la durata da me preferita è di un'ora, che considero un buon compromesso tra ciò che voglio dire e la sua capacità di fruizione.

L'esempio di servizio che presento qui è stato tratto dalle immagini girate per un documentario sull'architettura sacra della Chiesa ai tempi del grande giubileo del 2000. E' di oltre quattro minuti,  troppo lungo per ArtNews. Probabilmente sarà stato tagliato, non ricordo. Si noterà che di cose ne vengono dette tante, in un lasso di tempo così breve. In ogni caso del tutto insufficiente per un'elaborazione critica dell'informazione.

A questo proposito riprenderò l'argomento quando presenterò il relativo documentario di mezz'ora che fu intitolato "Su questa pietra".



 

Nessun commento:

Posta un commento